UNIONE NAZIONALE GIUDICI DI PACE
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Dott. Matteo Renzi
Al Ministro della Giustizia
On. Andrea Orlando
Alla Commissione per la Garanzia
dello sciopero nei servizi pubblici
Al Consiglio Superiore della Magistratura
Vice Presidente Avv. Giovanni Legnini
A tutti i Presidenti delle Corti di Appello
Oggetto: Proclamazione dell’astensione nazionale dalle udienze dei Giudici di Pace dal 23 al 30 novembre 2015
Avendo vanamente esperito le procedure di raffreddamento previste dall’articolo 7 del Codice di autoregolamentazione per l’esercizio dello sciopero e delle astensioni dalle attività giudiziarie nel comparto degli uffici del giudice di pace di cui alla lettera del 23 ottobre 2015, notificata il 24 ottobre 2015, ed avendo preso atto del silenzio del Ministro della Giustizia e del Presidente del Consiglio dei Ministri sulle istanze della categoria in materia di corretta amministrazione della Giustizia e di garanzie di indipendenza e professionalità del giudice, che derivano dall’ossequio ai precetti fondamentali statuiti dalla Costituzione e delle principali Istituzioni Europee (Consiglio d’Europa e Corte di Giustizia Europea) e Mondiali (O.N.U.); preso, altresì, atto dell’irragionevole noncuranza del Governo e del reiterato comportamento lesivo ed omissivo del Ministro Orlando, malgrado gli impegni assunti nel corso degli incontri avuti con le organizzazioni di categoria (da ultimo, l’incontro del 31 marzo c.a.);
con la presente l’Unione Nazionale Giudici di Pace e l’Associazione Nazionale dei Giudici di Pace, quali organizzazioni rappresentative dell’intera magistratura di pace, anche all’interno dei consigli giudiziari presso tutti i distretti di Corte di Appello, proclamano lo sciopero nazionale dei giudici di pace dal 23 al 30 novembre 2015.
Le scriventi organizzazioni, premesso che:
la magistratura ordinaria, alla quale la magistratura di pace appartiene a pieno titolo, costituisce un ordine unico, investito di funzioni e poteri equivalenti; non esiste una giustizia onoraria, semmai una Giustizia che funziona ed una giustizia che non funziona; i giudici di pace chiedono semplicemente il rispetto della Costituzione, nonchè delle raccomandazioni e decisioni provenienti dalle più alte Istituzioni Internazionali (Organismo delle Nazioni Unite, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, Commissione Europea e Corte di Giustizia Europea), alla luce delle quali la Giustizia, in qualsiasi grado e da chiunque espletata, esige, al fine di garantire l’imparzialità e professionalità del giudice, a tutela dei cittadini che vi accedono, il riconoscimento a tutti magistrati, onorari o di carriera, dei diritti fondamentali della continuità del servizio, di un trattamento economico adeguato, delle tutele previdenziali ed assistenziali, delle garanzie ordinamentali di autonomia degli uffici e di indipendenza del giudice;
DENUNCIA quanto segue:
- A seguito del parere negativo del Ministro della Giustizia Orlando su tutti gli emendamenti di rilievo presentati in Commissione Giustizia del Senato, il disegno di legge di iniziativa governativa, contenente “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace” (S-1738), è rimasto nella sostanza immutato ed andrà in aula a breve nel medesimo inaccettabile testo a suo tempo (29 agosto 2014) approvato dal Consiglio dei Ministri.
- In particolare, il ddl di riforma della c.d. magistratura onoraria nega, di fatto, la natura giurisdizionale dell’attività dei giudici di pace, pur ampliandone enormemente le competenze (affidando al Giudice di pace oltre l’80% del contenzioso civile, anche mediante la previsione di nuove competenze in materie delicate come condominio, diritti reali, successioni, volontaria giurisdizione, espropriazioni mobiliari); palese è la volontà di creare un figura di magistrato dequalificato, privato delle più elementari guarentigie costituzionali, gerarchicamente subordinato al Presidente ed agli altri organi giudiziari di Tribunale (ossia l’ufficio competente a giudicare in grado di appello le sue sentenze) non solo a livello organizzativo, ma persino a livello giurisprudenziale (direttive sulle prassi applicative della legge!), soprattutto mediante il contestuale inserimento dei giudici di pace nell’ufficio del processo, al fianco di tirocinanti, stagisti e cancellieri (tipiche figure amministrative).
- Lo stesso orientamento – di recente ribadito dal Governo e dal Ministro Orlando mediante l’introduzione, all’interno del d.d.l. stabilità, di una norma manifestamente incostituzionale, l’articolo 33, comma 13, che addirittura conferisce al Ministro della Giustizia, in violazione dei più elementari precetti sottesi al principio di indipendenza della magistratura, il potere unilaterale di ridurre, a suo discrezione (fissazione di un semplice tetto minimo), gli emolumenti dell’intera magistratura onoraria – mira ad abbattere i già miseri emolumenti destinati ai giudici di pace, da oltre 15 anni non adeguati agli indici di rivalutazione Istat, anche al fine di coprire la spesa per l’istituzione dell’ufficio del processo, arrivando addirittura, nel contestato disegno di riforma attualmente all’esame del Senato: A) ad assoggettare il pagamento dei compensi dei magistrati alla potestà discrezionale del Governo, del Ministro e dei Presidenti di Tribunale, instaurando un regime di cottimo puro, in violazione dei più elementari precetti costituzionali di indipendenza del giudice e di certezza della spesa pubblica, B) nonchè a scalare gli eventuali obbligatori contributi previdenziali, del pari indeterminati, ai predetti, irrisori, compensi.
- 4. Più in generale, tutti i trattamenti giuridici, economici e previdenziali previsti nel ddl predisposto dal Ministro Orlando compromettono l’autonomia e l’indipendenza dei giudici di pace, rendendo vano l’obiettivo della “terzietà”. Eppure il Ministro della Giustizia, nell’ormai lontana primavera del 2014, nell’imminenza delle elezioni europee, aveva assunto il formale impegno di abbattere il cottimo, di garantire piena tutela previdenziale ed assistenziale, nonchè il raggiungimento dell’età pensionabile a tutti i giudici di pace in servizio. Non possiamo che rilevare, con disagio e fermo disappunto, che il Ministro Orlando ha disatteso ogni parola data, predisponendo un disegno di riforma della magistratura cd. onoraria che va esattamente nella direzione opposta da quanto promesso nei menzionati incontri ed elaborato in occasione delle elezioni politiche del 2013 come programma elettorale del suo stesso partito di appartenenza.
- Tale volontà mortificatrice del Ministro Orlando appare ancor più incomprensibile alla luce dei dati statistici di efficienza degli uffici divulgati dal Capo Dipartimento del DOG dott. Barbuto fra la fine dell’anno passato e quest’anno, in sede di censimento della Giustizia civile e penale, i quali evidenziano che i giudici di pace, unico esempio virtuoso in Italia, garantiscono una durata media dei processi civili e penali ben inferiore ad un anno; di preciso, in sede civile, sia le nuove iscrizioni (1.272.999) sia la pendenza finale (1.248.572) registrate al 30 giugno 2014 sono di entità notevolmente inferiore agli esaurimenti (1.344.081) nel periodo preso in esame (30.06.2013-30.06.2014); del pari, in sede penale, la pendenza finale globale registrata a fine 2013 (172.439) è di entità notevolmente inferiore ai procedimenti esauriti nell’intero anno (215.465), con un numero medio di 857 procedimenti civili e penali definiti da ciascun singolo giudice di pace ogni anno (tenuto conto degli organici in servizio) ed una durata media dei processi di 10 mesi.
- Aggiungasi che, nelle more da parte del Ministro della Giustizia Orlando di attuazione dell’articolo 4, comma 1, d.lgs. 156/2012 e dell’articolo 2, comma 1-bis, d.l. 192/2014, con particolare riferimento alla grave omissione del Ministro Orlando di rideterminare le piante organiche degli Uffici del Giudice di Pace, sono state avviate le procedure per i trasferimenti dei giudici di pace in servizio e le nomine dei nuovi giudici di pace secondo piante organiche ormai vetuste, addirittura risalenti al 2011, ossia prima che venisse avviata la revisione della geografia giudiziaria degli uffici che, allo stato, ha comportato la soppressione di ben 475 sedi del Giudice di Pace (ossia circa il 60% delle preesistenti 846 sedi esistenti), con l’ovvio accorpamento delle competenze territoriali alle sedi limitrofe, alcune delle quali hanno aumentato i carichi di lavoro anche sino a 10 volte, preservando l’originaria pianta organica. La conseguenza di tanta negligenza ed imperizia del Ministro della Giustizia sarà che i giudici di pace verranno ridistribuiti sul territorio in maniera del tutto irrazionale, in sovrannumero in numerose sedi, e sottostimati in altrettante sedi, con impossibilità di continuare a garantire l’efficienza e celerità che, dalla loro istituzione nel 1995 ad oggi, ha caratterizzato il lavoro dei giudici di pace.
Per tali ragioni gli organi deliberanti delle scriventi organizzazioni hanno deciso la proclamazione dello sciopero dal 23 al 30 novembre 2015 e la prosecuzione delle azioni di protesta nel caso in cui il Governo ed il Ministro della Giustizia non modifichino radicalmente l’attuale posizione lesiva non solo dei diritti fondamentali dei giudici di pace, ma anche delle garanzie approntate dalla Costituzione a tutela dei cittadini e delle imprese che accedono al servizio Giustizia.
L’Unione Nazionale dei Giudici di Pace e l’Associazione Nazionale dei Giudici di Pace manifestano il grave disagio della categoria per essere costretta, dinanzi al disinteresse del Ministro e del Governo, a ricorrere a reiterate e prolungate astensioni per rivendicare una riforma che ha lo scopo di adeguare la condizione dei giudici di pace a principi di diritto costituzionale, comunitario ed internazionale, preordinati a garantire l’indipendenza, imparzialità e professionalità dei giudici e finalizzati ad assicurare ai cittadini l’effettività della tutela giurisdizionale dei loro inviolabili diritti.
Roma 3 novembre 2015
Gabriele di Girolamo Maria Flora Di Giovanni
(Presidente Angdp) (Presidente Unagipa)